I Falisci
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Il Territorio
Il territorio Falisco, prevalentemente
in falso piano è d’origine vulcanica.
Per effetto dei periodi eruttivi del vulcano Vicano, situato in
prossimità dei monti Cimini ed attivo fino a 95 mila anni
fa’, il magma raffreddato ha caratterizzato l’ambiente
circostante.
Banchi di colate eruttive solidificate hanno donato al terreno il
caratteristico aspetto rossastro, definito comunemente “tufo
rosso”.
Sotto la lenta ma incessante erosione degli affluenti del Tevere
si possono tuttora ammirare suggestive visioni.
Profonde e strette valli con pareti verticali a picco denominate
”Forre” coperte di fitta vegetazione, delimitano gli
ampi e fertili pianori sovrastanti.
La strategica posizione d’alture difficilmente espugnabili
da eventuali nemici, unita alla facilità di lavorazione dei
banchi tufacei, favorì la crescita d’insediamenti abitativi
sin dall’età del bronzo (XI sec. a.C.).
Topograficamente il territorio dell’antica popolazione dei
Falisci è come un ferro di cavallo.
Al centro del territorio c’è la capitale Falerii Veteres
ed intorno le altre città componenti della Nazione Falisca:
Orte- Sutri- Nepi- Narce-Corchiano ecc.
Le città dell’Ager furono costruite in posizione comoda
e strategica, arroccate sopra alte rupi, caratteristiche del nostro
territorio, in tal modo naturalmente protette da eventuali invasori.
Politicamente ogni città era organizzata come singola
entità, ma tutte avevano eguali leggi, comuni rappresentanti
ed un solo Capo del Governo.
Periodicamente, come Tito Livio in un suo scritto afferma, tutti
i rappresentanti si riunivano nella capitale per decretare ordinamenti,
leggi ed ogni altra importante decisione riguardante la Nazione.
I confini naturali del territorio Falisco sono:
-ad Ovest i monti Cimini, declinanti verso Nord nella “silva
Cimina”, il bosco fitto ed impenetrabile (Faggeta) utilizzato
per l’approvvigionamento di legname
- a Nord-Est il Tevere, sfruttando la navigabilità del quale,
legname ad alto fusto fu via fiume trasportato a Roma ed utilizzato
sia per la costruzione di navi delle legioni Romane impegnate
nelle guerre Puniche che per le sempre crescenti necessità
edilizie di Roma
-a Sud il solitario monte Soratte ed il territorio Capenate
- i monti Sabatini a sud-ovest sul versante del lago di Bracciano
-il fiume Treja, affluente del Tevere, che nel suo percorso da sud
a nord bagna le due città principali dell’Ager Faliscus,
Narce e Falerii Veteres
La Storia
L’abilità militare
e l’acume politico sono i fattori che caratterizzano la storia
di questo piccolo, fiero e combattivo popolo Falisco.
Le strategiche alleanze messe in campo, le guerre (aspre e combattute)
seguite spesso da tregue armate, le periodiche ribellioni e la volontaria
sottomissione al più potente nemico, sono fattori che evidenziano
il coraggio e il patriottismo dell’armata bellica Falisca.
Già dal V sec. a.C. i Falisci si schierano al fianco delle
truppe Etrusche per arginare l’espansionismo Romano.
Dopo la caduta delle popolazioni alleate Veio e Capena (396-395
a.C.), i soldati Falisci sono nuovamente al fianco degli Etruschi.
Frontino (30/103 d.C.) funzionario e scrittore tecnico romano c’informa
su un bizzarro sistema di guerra di Falisci ed Etruschi.
"I Falisci ed i Tarquinesi dopo aver rivestito con abiti sacerdotali
molti di loro che li precedevano con in mano serpenti e torce, attaccarono
con estremo vigore i Romani. "
L’esercito di Faleri Veteres fu il principale antagonista
di Roma nell’espansionismo territoriale dell’epoca.
Le invasioni nei rispettivi territori dal 357 al 351 a.C., incursioni
terminate per eguaglianza di forze in campo nella tregua del
351 a.C. e in una successiva alleanza, mostrano Roma in forte espansione,
contrapposta al fiero e tenace popolo Falisco.
Roma ed il suo esercito, comandato dal valoroso Furio Camillo
ebbe il momentaneo sopravvento sui Falisci solo grazie al famoso
episodio del “maestro traditore” , evento ricordato da
Tito Livio.
Il pedagogo, a cui le famiglie importanti di Falerii avevano affidato
l’istruzione e lo svago dei preziosi figli, con la scusa di
una passeggiata, condusse i ragazzi fuori dalla città
assediata sino all’accampamento di Furio Camillo, ed offrì
gli ignari ragazzi in ostaggio.
“Con questi ragazzi ti offro le chiavi della città,
accettali e potrai averla alle condizioni che vorrai imporre”
affermò il traditore.
Furio Camillo soldato tanto valoroso quanto leale, rifiutò
l’ignobile baratto; fece denudare e legare le mani
al maestro dai ragazzi e… dotandoli d’adeguati
bastoni, a suon di nerbate incaricò gli stessi di riportare
il traditore in città.
Altre testimonianze affermano che Furio Camillo in tale episodio
non dimenticò di essere un soldato spietato contro i
traditori e che a ritornare indietro insieme con i giovani felici
per lo scampato pericolo, fu la testa mozzata e sanguinante del
maestro traditore.
I Falisci, per tale episodio, colpiti dal degno comportamento di
Furio, si arresero ai Romani accettando spontaneamente e non
da vinti, le leggi ed il dominio romano.
Seguì una fase alterna di pace ed ostilità tra i contendenti.
Nella guerra dei Romani contro gli Etruschi del 312 a.C., l’esercito
Falisco è addirittura alleato dei Romani nelle battaglie
attorno Sutri.
Roma in seguito è d’appoggio alle truppe Falische durante
le incursioni dell’esercito Sannita.
Proprio il desiderio d’indipendenza risvegliato dai Sanniti,
fece nuovamente alleare i Falisci con gli Etruschi, violando cosi
l’ennesimo patto d’alleanza con Roma.
L' esercito romano mosse allora le sue organizzate milizie
contro i Falisci.
Visto l’avanzare di considerevoli truppe verso il proprio
territorio, i Falisci chiesero pace e ottennero solo una tregua
armata, ovviamente in cambio del pagamento d’ingenti somme
di denaro e pesanti sanzioni.
Nel 241 a.C. Roma è impegnata contro Cartagine nella prima
guerra punica ed i Falisci forse a causa dell’oneroso
tributo in denaro imposto, nuovamente si ribellano al dominio Romano.
Fu allora che Roma, oramai stanca di questo piccolo ma fiero popolo
mosse definitivamente le truppe verso Falerii Veteres.
La nazione e l’esercito Falisco sono già stati vinti,
solo l’ultimo baluardo, Falerii Veteres capitale Falisca resiste.
Nello stesso anno ( 241 a.C.) Roma, con un poderoso esercito
in campo, in sei giorni d’assedio espugna e distrugge
Falerii Veteres.
Eutropio, storico latino ( IV sec d.C.) ricordato per la semplicità e
chiarezza di narrazione degli eventi storici di Roma, così descrive
l'ultimo capitolo di Falerii Veteres Falisca:
" i nuovi consoli Quinto Lutazio e Aulo Manlio mossero guerra
ai Falisci, la cui città era un tempo assai potente. In sei
giorni presero la città causando ai nemici 15000 morti e
accordando ai superstiti una pace, prendendosi però metà
del loro territorio"
I vincitori romani si dimostrano in tal vicenda spietati e sanguinari,
probabilmente a causa della tenacia e sfrontatezza dei Falisci.
Falerii Veteres, grande, operosa e magnifica è rasa al suolo,
incendiata, saccheggiata e tagliata fuori dai nuovi collegamenti
viari disegnati dai Romani (Via Flaminia 220 a.C.-Via Amerina 241
a.C.).
Gli abitanti superstiti, vengono trasferiti in una zona pianeggiante
a circa 6 Km di distanza, dove unitamente ad alcune famiglie romane
nasce una grande e tuttora imponente città romana, Falerii
Novi.
Il Culto e la Religione
I reperti archeologici, alcune
iscrizioni, le dediche votive ed infine i testi classici e storici
ci parlano della religione dei Falisci.
Le decorazioni in terracotta dei templi urbani del Vignale e dello
Scasato e suburbani di Sassi Caduti e Celle, templi vivaci per
tecnica, colori ed espressività dei soggetti divinatori dimostrano
senza dubbio l’importanza del culto nella vita dei cittadini
Falisci.
Le divinità venerate sono Mercurio, Minerva, Apollo ecc.
ma soprattutto la divinità protettrice dei Falisci è
Giunone Curite.
Il santuario extraurbano edificato nel VI sec. a.C. in località
Celle, lungo il corso del Rio Maggiore ( sotto l’attuale ospedale
Andosilla) è stato scoperto in maniera fortuita nel 1886.
Il IV-III sec. a.C. è il periodo di maggior bellezza del
Tempio consacrato a Giunone.
Sulle preesistenti strutture è ampliato l’edificio
Templare composto di 3 celle, un portico con 2 file di colonne e pareti
interne dipinte.
A nord del tempio, in un piccolo vano (oikos) era posta la statua
di Giunone Curite.
La testa della scultura (prima metà del VI sec. a.C.) con
i resti della corona con foglie di bronzo, è esposta nelle
sale del museo dell’Agro Falisco a Civita Castellana (ripiano
centrale della vetrina 25).
Ai lati del vano, sono stati trovati frammenti in tufo di 2 leoni
alati, esposti nel Museo di Villa Giulia di Roma, che risalgono
allo stesso periodo della statua.
Dionigi di Alicarnasso, lo storico greco, paragona per bellezza
e sontuosità il tempio di Giunone di Falerii al celebre Heraion
di Argo.
All’identificazione si è arrivati tramite il ritrovamento
poco distante dal tempio di un luogo sacro ricco d’ex-voto
tra le acque del “ Fosso dei Cappuccini”.
Il luogo votivo è identificato con quello descritto da Publio
Ovidio Nasone negli Amores.
Il poeta latino del tempo d’Ottaviano Augusto, partecipò
con sua moglie, originaria di Falerii Veteres ad una delle annuali
processioni per la Via Sacra, via che univa la nuova città
romana, Falerii Novi al santuario di Celle. A ricordo della giornata
il poeta compose una coreografica descrizione della festosa
processione.
Ovidio, Amores III, 835
La festa di Giunone a Falerii Veteres
Essendo mia moglie originaria
della terra Falisca, costeggiamole mura da te espugnate o Camillo.
I Sacerdoti stavano preparando i sacri riti di Giunone con giochi
solenni e con un bue locale. Fu gran premio alla mia permanenza
ivi, benché sia scoscesa la via che vi conduce.
Vi è un bosco sacro antico e tenebroso; se ben osservi, ti
accorgi che è la dimora di un nume. Un’ara accoglie
le preci e gli incensi votivi dei fedeli; è un’ara
fabbricata senz’arte da vetuste mani.
Là, appena risuonò la tibia con solenne voce, lungo
le vie addobbate si muove il corteo annuale. Vengono portate tra
il popolo osannante le bianche giovenche impinguate nei pascoli
Falisci, i vitelli che ancora non hanno la gregge a cui sul duro
fronte si incurvano le corna; la sola capra è invisa alla
dea sovrana, poiché per sua rinuncia, come si narra, la dea
scoperta in un folto bosco dovè desistere dalla sua iniziale
fuga. Per questo i ragazzi ancora con le saette inseguono la traditrice,
ed a quello che la colpisce per primo essa viene assegnata come
premio.
I giovani e le timide fanciulle stendono stoffe sulle larghe strade
dove la dea passerà. Le chiome verginali sono pressate dall’oro
e dalle gemme mentre una splendida veste discende sui piedi ornati
d’oro. Avvolte in candide vesti alla moda greca degli avi,
portano sul capo gli arredi sacri consegnati loro.
Il corteo ha la forma e il sistema dei Greci. Dopo l’uccisione
di Agamennone, fuggendo da quella scelleratezza, Halaesus lasciò
il regno, e dopo che ebbe percorso come profugo terre e mari, con
felice auspicio, edificò queste mura.
Egli poi insegnò ai Falisci le cose sacre di Giunone. Siano
esse propizie a me e alla sua gente.
Plinio il Vecchio in uno dei 37 libri della sua Naturalis Historia tra
le prime enciclopedie giunte complete sino ai nostri giorni, c’informa
su alcuni particolari riti religiosi.
“vivono nell’Ager Faliscus alcuni gruppi familiari
chiamati Hirpi. Costoro durante le celebrazioni annue in onore di
Apollo, sul monte Soratte, pur camminando a piedi scalzi sui carboni
ardenti non si bruciano e pertanto, in base ad una legge del Senato,
sono esenti dal servizio militare e da altri obblighi”
Gli “Hirpi Sorani” erano una confraternita di sacerdoti
e guerrieri dediti ad iniziazioni, sacrifici e processioni sacrali
su grandi braci ardenti.
Virgilio, nell’Eneide XI cita i riti religiosi che si svolgevano
sul Soratte. Questa montagna era sacra anche per altre popolazioni
che anticamente abitavano nel Lazio. Sul monte Soratte all’interno
di una cava è stata scoperta una grotta (S. Lucia) luogo
di culto dei Falisci. Ai piedi della stessa montagna v’era
un bosco sacro “Lucus Feroniae” consacrato alla dea
Feronia, protettrice degli animali, luogo dove si radunavano per
pratiche di culto di culto i Falisci, Capenati, Etruschi, Sabini
e Latini.
Falerii Veteres, col passare dei
secoli diventa il centro di riferimento Falisco per la vita politica
amministrativa, di scambio commerciale e di culto.
La città assume importanza pari ai maggiori centri Etruschi
e a Roma stessa e onora con l’edificazione d’imponenti
santuari la propria devozione religiosa ed il definitivo ruolo di
città capitale del territorio Falisco.
La Ceramica
Nel territorio di Falerii Veretes
nel corso dei secoli della storia Falisca, avvenne una costante
crescita di laboratori ceramici, importanti e decisivi per la crescita
produttiva ed economica locale.
Inizialmente i manufatti erano realizzati in piccole botteghe
sorte sin dal VIII sec. a.C. la cui produzione consisteva in piccole
anfore e tazze ad impasto di terra nera o rossastra.
Accanto alla produzione di vasellame ceramico semplice e d’uso
quotidiano si diffonde man mano la lavorazione di ceramica più
raffinata, destinata all’utilizzo nelle riunioni conviviali
delle ricche famiglie Falische.
Dall’ultimo quarto dell’VIII sec. a. C., nei pranzi
e nelle cene si diffonde l’abitudine di bere del
vino prelibato, effetto della coltivazione della vite d’importazione
Greca, vino raccolto in grandi Holmoi ed olle per la mescita del
prelibato bere Falisco.
I più attrezzati laboratori del VII sec. a.C. iniziano
a produrre ceramiche d’impasto rosso o nero con ottime decorazioni
artistiche; in tale periodo il vasellame Falisco destinato all’uso
sia quotidiano che funerario seppur ispirato dalla tecnica decorativa
greca, si distingue nel contesto di produzione ceramica italica
per autonomia stilistica e decorativa.
Pesci, volatili, figure geometriche e vegetali stilizzati sono i
motivi ricorrenti, realizzati con tecnica ad incisione e pittura.
Nella sala 1 del Museo dell’Agro Falisco a Civita Castellana,
tra i pezzi esposti alcuni dimostrano che ancora non è in
utilizzo il tornio da vasaio.
La produzione ceramica della seconda metà del VI sec. a.C.
è oramai il prodotto di vere e proprie fabbriche che realizzano
sia vasi artigianali che prodotti in serie con matrici industriali,
destinati prevalentemente all’esportazione.
Volterra, Todi, Norcia, Spello e Tarquinia sono i mercati principali,
i quali per effetto di richieste sempre maggiori di ceramica Falisca,
determinano di un sensibile incremento demografico nell’area
di Falerii Veteres e la crescita dell’importanza politica
ed economica della cittadina.
Accanto alla produzione di vasellame, il VI sec. a.C. rappresenta
il secolo dello sviluppo della produzione di terrecotte architettoniche,
destinate all’uso decorativo dei bellissimi templi votivi
Falisci.
La crisi economica del V sec. a C. che colpisce l’Italia centrale
è la diretta conseguenza della fine del dominio marittimo
Etrusco sconfitto nelle acque di Capo Licola presso Cuma (474
a.C.) ad opera dalla flotta Siracusana.
Dopo la seconda metà del V sec. a.C. l’economia Falisca risente
positivamente dei più frequenti scambi commerciali, scambi
che rappresentano il preludio al potere Falisco del IV sec. a. C.,
periodo florido che determina una incredibile vivacità nelle
esportazioni di prodotti locali e un consolidamento degli scambi
commerciali con l’area Greca.
Alcune tombe del V- IV sec. a.C. rinvenute a Falerii Veteres hanno
tra gli oggetti del corredo funebre anfore e crateri d’importazione
corinzia e attica.
Nel corso del secolo fu perfezionato il metodo di lavorazione della
ceramica; la filiera di produzione, dalle terre per gli impasti
argillosi ai metodi di cottura nelle fornaci sino al decoro finale
portò i manufatti Falisci ad un eccezionale livello qualitativo
ed estetico, degno della miglior arte Greca ed Etrusca. I vasi a
figure rosse su fondo nero del IV sec. a.C. rappresentano
l’espressione più elevata dell’arte ceramica
Falisca.
Vasi come quelli del pittore del Diespater e del pittore di Nazzano
oltre al già citato cratere dell’Aurora dimostrano
l'abilità costruttiva e decorativa dei vasai Falisci. Tali
opere d’arte commissionate ai migliori artisti-decoratori,
testimoniano la ricchezza economica raggiunta da alcune famiglie
del posto, famiglie che utilizzando questi capolavori come corredo
funebre in tombe sempre più monumentali, intesero in tal
modo esaltare la loro ricchezza ed il prestigio sociale acquisito.
L'Agricoltura
L’alimentazione dei
falisci era basata sulla raccolta dei frutti naturali della terra.
I rigogliosi boschi erano ricchi di cacciagione; la pratica della
pesca nei numerosi torrenti offriva pesci in abbondanza e gli
alberi spontanei da frutto completavano il cibo dei primi nuclei
d’abitatori. I bisogni crescenti dei vari dei gruppi familiari
che stabilmente s’insediarono nel territorio falisco, favorirono
l’utilizzo della naturale fertilità degli ampi pianori,
i quali, resi coltivabili aumentarono la produzione agricola.
Le famiglie Falische, oramai operanti in maniera stabile nei fondi
agricoli, con adeguate bonifiche di zone paludose e taglio
di boschi, ampliarono nel corso dei secoli le superfici coltivabili.
Con tenacia e tecnica furono scavati dei cunicoli sotterranei di
notevole lunghezza, canali artificiali nel tufo e profondi pozzi;
supporti talvolta indispensabili per convogliare le acque dei torrenti
e piovane destinate ad irrigare le coltivazioni. La costruzione
di queste opere, progettate dagli ingegneri locali, fu particolarmente
utile anche nei periodi di siccità: inoltre, le riserve idriche
convogliate in capienti cisterne si rivelarono una preziosa
riserva nei numerosi stati d’assedio.
Alberi da frutta e vigneti, per effetto di importazioni dalla
Grecia e campi di lino erano le coltivazioni principali di un’economia
sempre più agricola di tipo rurale.
Pecore, buoi, giovenche e capre pascolavano sovrane nei rigogliosi
e verdi prati Falisci.
L’ allevamento e la macellazione del bestiame offriva abbondanza
di carne consumata fresca oppure lavorata in prodotti tipici di
norcineria.
Famose secondo Marziale erano le salcicce Falische, stesso prodotto
gastronomico che Stazio paragonandolo alle specialità
lucane definiva “ pesante”.
Alcuni scritti confermano una diffusa pratica dell’apicultura
per la produzione di pregiato miele.
La primitiva economia agricola Falisca, essenziale per il processo
di radicamento nel territorio, fu poi integrata dalla produzione
ceramica e dal traffico commerciale connesso.
La tenacia e la forza fisica, nonostante l’esilità
delle dimensioni corporee dei Falisci, unita alla vivacità
caratteriale e all’intraprendenza furono quindi gli elementi
che caratterizzano la vita economica e sociale dell’antico
popolo Falisco.
Lingua e Letteratura
I testi di riferimento linguistici
non sono molti (circa 200) e brevi. I tratti salienti di scrittura
Falisca, con il verso destorso, derivano certamente dall’etrusco
ma nel complesso descrivono una scrittura più somigliante
ai caratteri latini. Epigrafi funerarie incise nel tufo, brevi scritti
nei vasi ceramici ed alcune tegole ritrovate in loc. Pradoro (presso
Falerii Novi) con interessanti iscrizioni in vernice rossa, forniscono
un quadro sufficiente per capire i caratteri essenziali di questa
lingua. Singole lettere dell’alfabeto Falisco e varie iscrizioni
testimoniano la sua esistenza ed il suo utilizzo sin dal VII sec.
a.C. .
Generalmente si raggruppa il processo di formazione linguistica
in tre periodi ben distinti: un’iniziale fase in cui il Falisco
appare una derivazione dell’alfabeto greco-calcidico, carattere
di scrittura adottato in Italia dagli Etruschi ed utilizzato
anche dai Falisci e Latini; nel V sec. a.C. la forma di scrittura
è ancora ispirata dall’Etrusco ed infine una nuova
integrazione dell’alfabeto nel III sec. a.C. con lettere
latino arcaiche, preludio al successivo latino puro. Il modo di
parlare dei Falisci è un dialetto, variante del
latino, usato esclusivamente da questo piccolo popolo.
Strabone (64 A.-21 d.C.), geografo e storico greco trapiantato in
Italia, parlando dei Falisci afferma “essi conservano una
propria unità etnica e un proprio linguaggio caratteristico”.
Il testo più conosciuto è un inno gioioso alla vita
ed ai piaceri che la stessa offre; in una Kylix a figure rosse proveniente
dalla tomba 4 della necropoli “la Penna” è inciso
“ Foied Uino Pafo Cra Carefo” che in latino è
tradotto “oggi berrò il vino domani farò
senza”. Inciso sull’orlo di un vaso cinerario proveniente
dalla necropoli di Colonnette (Falerii Veteres) è così
poeticamente scritto “ Cerere ci dia il pane, Libero il vino,
Evio Mama Sesto mi plasmò; Pravio mi offrì alla cara
amica. Io piccola urna fittile ho dato alla luce un argenteo gingillo;
che ciò si compia”.
Della letteratura Falisca non rimangono tracce; pur tuttavia alcune
fonti letterarie riferiscono dei “Fescennini” versi
e poesie Falisci in rima spesso ambigui e provocatori, con parole
e contenuti talvolta osceni. I versi Fescennini rappresentano uno
dei primi esempi poetici; rime e versetti in seguito ripresi e sviluppati
nella famosa satira letteraria romana. La vivacità
culturale Falisca ebbe varie espressioni di tipo artistico. Anche
nel campo musicale rimangono labili tracce dei Falisci. Nelle
processioni religiose, nel rito funebre ed in ogni altra festa o
avvenimento, la musica era per questo popolo un’espressione
solenne e rituale. Famosi ed apprezzati erano ad esempio i flautisti.
Per quest’abilità musicale, i suadenti ed armoniosi
musici d’origine Falisca erano richiesti e ricercati
anche nel periodo imperiale romano, per rallegrare con le musiche
di questo popolo i sontuosi pranzi romani.
di Raniero Pedica
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